Adesioni da effettuarsi entro il 15 Aprile in privato con le direttrici di escursione, con anticipo € 50,00
Prevista sistemazione in albergo: PALACE HOTEL SAN MICHELE a Manfredonia che prevede la cena del primo giorno, la colazione e la possibilità di richiedere pranzo a sacco della domenica con un extra.
Appuntamento: h. 06.30 parcheggio Liceo scientifico De Caprariis, Via Scandone – Atripalda (AV).
Arrivo previsto al punto di partenza del sentiero: h. 10,00.
Lunghezza percorso andata e ritorno: Km 12
Dislivello complessivo: 640 m.
Difficoltà: T (comprende itinerari su stradine, mulattiere e sentieri ben evidenti)
Attrezzatura consigliata: bastoncini da trekking – scarponcini – crema solare – costume e telo da bagno per sosta Baia delle Zagare.
Pranzo a sacco
Trekking su uno dei percorsi più belli dal punto di vista naturalistico all’interno del Parco Nazionale del Gargano.
Risaliremo lungo i versanti che dal mare si snodano verso l’interno del Gargano sino a Monte Barone, attraverso un interessante sentiero con panorami molto suggestivi sulla costa che collega due tra le più belle baie del Gargano.
La Riserva Naturale biogenetica di Monte Barone si trova ad un’altitudine di 0-296 m s.l.m; la vegetazione è caratterizzata dal pino d’Aleppo, sicuramente autoctono sul Promontorio Garganico, che spesso radica sulla nuda roccia. La Riserva rappresenta uno dei lembi di pineta d’Aleppo più esteso e meglio conservati del Paese. I profondi valloni che dal mare salgono alla montagna, sono ricoperti da latifoglie a prevalenza di Leccio, con significative presenze di Orniello.
Alcune zone presentano rimboschimenti di Conifere ed una estesa Macchia Mediterranea. Oltre al pino d’Aleppo nel sottobosco troviamo numerose specie arboree e arbustive della macchia mediterranea tra le quali lentisco, fillirea, oleastro, rosmarino e cisti. La fauna selvatica stanziale è costituita da lepre, volpe, riccio, tasso; tra gli uccelli troviamo colombaccio, tortora, merlo. Pian piano che si sale si apre un ampio e suggestivo panorama che abbraccia il Golfo di Manfredonia.
Il sentiero da Monte Barone poi, attraversa uno tra i più interessanti paesaggi selvaggi del Gargano, plasmati dall'attività secolare delle acque, scende sino alla Baia delle Zagare. Il nome “Baia delle Zagare” deriva dall’abbondante presenza di alberi di limone che crescono spontaneamente sul Gargano per il suo clima temperato.
Oltre alle tipiche zagare, il paesaggio della Baia si distingue anche per la presenza di due meravigliosi faraglioni di roccia calcarea che svettano dal mare cristallino e turchese (da qui anche il nome di “Baia dei faraglioni”).
Questi faraglioni sono talmente spettacolari da essere considerati come uno dei simboli del Parco Nazionale del Gargano
Qui ci fermeremo per consumare la colazione a sacco e faremo un bagno. Nel primo pomeriggio, si riprende il sentiero per raggiungere la strada provinciale dove ci attenderà il bus per l’albergo.
Difficoltà: T-E
Quota massima: 530m. (Tomaiuolo)
Quota minima: 470m. (Abbazia Pulsano)
Durata A/R: 5h c.a. (comprese soste)
Lunghezza: 8km
Acqua: si consiglia di portarne almeno 1lt, non è possibile rifornirsi durante il percorso
Pranzo a sacco
Si parte da un antico tratturo all’inizio della strada asfaltata che porta alla frazione di Tomaiuolo, con splendida vista sul golfo, qui la parte un poco impegnativa del percorso su rocce. Da Tomaiuolo si imboccherà il sentiero inaugurato nel 2016, intitolato a Pasquale Tomaiuolo; nel suo tratto iniziale, si allontana da Tomaiuolo in direzione est ed è compreso tra due muri a secco; una ripida discesa conduce nella boscosa Valle Mattina e si conclude sul ponticello che scavalca il relativo rivolo, dopodiché il sentiero corre parallelo a questo fondovalle, nel bosco e verso sud, per altri 250 metri fino a raggiungere la strada incompiuta che avrebbe dovuto collegare Manfredonia all’Abbazia di Santa Maria di Pulsano, la percorreremo fino alla fine (muro di roccia), per godere della vista su Pulsano e quindi torneremo indietro, proseguendo verso Pulsano, ammirando nel contempo gli splendidi ed ampi panorami sui sottostanti e ripidi valloni, sul Golfo di Manfredonia, sulla Piana del Tavoliere, sui Monti Dauni ed il Vulture, sulle Murge e la costa del nord barese.
Qui visiteremo prima l’Eremo di San Nicola e quindi l’Eremo di San Gregorio e l’Abbazia.
Ritorno sulla strada incompiuta e quindi sul sentiero storico Abbazia Pulsano-Tomaiuolo.
Eremo di San Gregorio (a fianco dell’Abbazia)
Presumibilmente il più antico luogo di eremitaggio sul colle di Pulsano, costituito da un’ampia cavità naturale di circa 200 mq, è dedicato da tempo immemorabile a S. Gregorio Magno, il grande monaco-papa fondatore del monachesimo in terra garganica. L’interno a forma di L converge in un piccolo antro adattabile a zona presbiterale qualora vi siano celebrazioni di sante messe.
Fino a pochi anni fa questo eremo era abbandonato, usato come stalla dai pastori della zona. Grazie al lavoro profuso dal volontariato locale nel 1995 l’eremo è stato ripulito, riportato all’antica dignità e ripristinato a luogo di preghiera e meditazione.
Attualmente è impiegato per celebrazioni, conferenze e accoglienza di gruppi, oltre ad ospitare la pregevolissima mostra fotografica permanente degli eremi di Pulsano, ad opera di A. Torre. Eremo di San Nicola (distanza dall’Abbazia: 15 minuti) Ubicato nel vallone immediatamente sottostante la Chiesa abbaziale, vi si accede attraverso una lunga e scenografica scalinata scavata nella roccia, che dal limitare di uno strapiombo si snoda fino alle vicinanze dell’ingresso dell’eremo.
Formato da due vani ricavati in parte da una cavità naturale e in parte da murature, presenta due ingressi scavati nella roccia; all’interno dello stipite di uno di essi è scolpita una grossa croce greca con al centro un’altra più piccola.
Sulle pareti interne di questo eremitaggio si osservano resti di affreschi, tra cui una Annunciazione della Semprevergine e una santa Crocifissione con religiosi oranti, un monaco e un abate con dignità vescovile inginocchiati in adorazione. Lo stato di conservazione degli affreschi è ancora discreto, anche se manomissioni varie – persino incauti tentativi di asporto degli affreschi – nonché numerosi graffiti di firme apposte in epoche recenti, hanno deturpato profondamente queste sante immagini.
Da ricordare che in questo eremo nel 1970 fu rinvenuta una pagina dell’evangeliario greco di Pulsano, scampata per miracolo ai roghi dei pastori che qui soggiornavano.
Una passeggiata attraverso un sentiero molto interessante dal punto di vista paesaggistico e naturalistico, ricco di alberi di leccio, roverella e carpino bianco, piante di timo, rosmarino e asparagi, quando è il tempo.
Santa Maria di Pulsano è stata fondata sul colle di Pulsano nel VI secolo per opera del monaco-papa San Gregorio Magno, l’abbazia, con i suoi eremi circostanti, è stata sino ad oggi – con alterne vicende storiche – luogo di monaci, anacoreti e cenobiti, orientali e latini.
Dopo il primo insediamento dei monaci di S. Equizio, legato alla famiglia Anicia cui S. Gregorio Magno apparteneva, l’originario monastero eremo passò, per un breve periodo, a ridosso del X secolo, sotto la giurisdizione cluniacense.
Distrutto successivamente da incursioni saracene, agli inizi del XII secolo fu ricostruito ad opera di San Giovanni da Matera, pellegrino al celebre santuario micaelico di Monte Sant’Angelo, ove “una donna, degnissima di venerazione per l’aspetto di serena pietà, con la mano gli indicò dove dovesse andare per edificare una chiesa”: è la Madre di Dio – secondo il canone iconografico – odigitria, “colei che indica la via”, la perpetua custode di Pulsano, che in seguito sarebbe sempre stata venerata con grandissima devozione dalle popolazioni locali, anche nei periodi di abbandono da parte dei monaci.
Dall’austera testimonianza di vita di San Giovanni Abate scaturì una famiglia monastica autonoma, l’Ordine degli Eremiti Pulsanesi, detti anche gli “Scalzi”, i quali rifacendosi rigidamente alla regola di San Benedetto e alla tradizione monastica orientale già presente in tutta il meridione, ebbero in questo monastero garganico e nei suoi eremi la loro Casa Madre, da cui dipesero circa 40 monasteri, sparsi non solo in Puglia ma anche in Italia centrale e settentrionale e persino oltre l’Adriatico. Fra il XIV e il XV secolo l’Ordine pulsanense si estinse e l’abbazia fu custodita da monaci cistercensi, poi da frati domenicani e francescani e infine da monaci celestini, che furono presenti stabilmente su questo colle fino alla soppressione murattiana del 1809.
Il complesso monasteriale fu affidato in seguito dal Demanio borbonico ad alcuni sacerdoti diocesani che lo gestirono fino al 1969, anno in cui fu definitivamente abbandonato e in cui cominciò un processo di grave depauperamento artistico dell’abbazia, a causa di furti di ignoti e atti vandalici. In questo luogo, per secoli, santi uomini alla sequela radicale di Cristo si dedicarono totalmente alla contemplazione e all’ascesi, nella vita cenobitica e specialmente in quella eremitica: sopra questi spuntoni rocciosi e in queste valli, vero santo deserto monastico, oltre all’abbazia sono disseminati ben 24 eremi con celle e luoghi di culto e di lavoro, alcuni persino affrescati, collegati tra loro da una rete di stradine e sentieri scoscesi, purtroppo anch’essi in stato di semiabbandono.
Ma dal 1990, grazie all’opera del volontariato prima, e successivamente dei monaci, qui di nuovo presenti dal 1997, l’Abbazia è oggi rinata a nuova vita, tramite una comunità monastica legata all'arcidiocesi di Manfredonia e alternativamente si tiene il rito liturgicolatino e bizantino.
I non soci del Club Alpino Italiano (CAI) devono munirsi di Assicurazione entro le ore 20:30 del venerdì precedente l'escursione recandosi nella sede del CAI Avellino o chiamando al Nr Tel. 3274022250.
Per tutto quanto non qui specificatamente indicato si richiama l'osservanza delle Norme e Regolamento di escursione del CAI Avellino pubblicate al seguente Link:
http://www.caiavellino.it/index.php/escursionismo